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Napoleone Bonaparte: il grande stratega freccesabato 11 gennaio 2014

Napoleone Bonaparte I nacque ad Ajaccio (Corsica) il 15 agosto 1769 e morì a Longwood, nell’isola di S. Elena, il 5 maggio 1821. La Repubblica di Genova dopo il Trattato di Versailles (maggio 1768), fu costretta a lasciare mano libera ai Francesi in Corsica, che così fu invasa dalle armate di Luigi XV e annessa al patrimonio personale del Re. La famiglia Bonaparte apparteneva alla piccola borghesia corsa e aveva forse lontane origini nobili toscane (sembra accertato che gli antenati fossero immigrati in Corsica nel XVI secolo).

Il padre di Napoleone, Carlo Maria Buonaparte (Napoleone modificò il cognome in “Bonaparte” dopo la morte del padre), eseguì diverse ricerche per ottenere presso i lontani parenti toscani, un riconoscimento nobiliare che gli attribuisse prestigio in Patria e gli permettesse al meglio di provvedere all’istruzione dei figli. La madre, Letizia Romolino, sopravvisse allo stesso Napoleone e morì nel 1836. Fu solo grazie al titolo nobiliare ottenuto in Toscana che Carlo poté iscriversi al Libro della nobiltà di Corsica istituito dai francesi per consolidare la conquista dell’isola, e solo grazie a tale iscrizione, all’età di nove anni, Napoleone fu ammesso, per iniziativa del padre, alla Scuola militare di Brienne-le-Charìteau, nel nord della Francia, in cui rimase per cinque anni.

Senza amici e deriso, anche per la sua apparenza fisica fragile, l’adolescente Napoleone si applicò negli studi con continuità, eccellendo in matematica. In seguito, fallito il tentativo di passare in Marina, divenne il luogotenente d’artiglieria nel 1785 e tentò la fortuna politica militare in Corsica. Nel 1793 ottenne il grado di generale e scalò velocemente le gerarchie militari, sostenendo la Rivoluzione. In quell’anno arrivò il primo successo militare, poiché liberò il porto di Tolone dai monarchici e dalle truppe inglesi che li appoggiavano. Sospettato di giacobinismo per l’amicizia con A. Robespierre, subì un breve arresto e in seguito sposò nel 1796 Giuseppina de Beauharnais.

Occupata la Lombardia, ricostituì sul modello francese le repubbliche di Genova e Venezia e tolse al Papa la Romagna; poi, con il trattato di Campformio (17 ottobre 1797), confermò alla Francia il Belgio e le annesse le Isole Ionie, decretando la fine dell’indipendenza di Venezia, la quale passò all’Austria, con eccezione di Bergamo e Brescia che furono incorporate nella Repubblica Cisalpina. La campagna d’Italia dimostrò così il genio militare e politico di Napoleone il quale, sebbene l’inferiorità numerica, riuscì a sconfiggere ripetutamente le forze austriache. Nel 1798 il Direttorio incaricò Bonaparte di occupare l’Egitto (il suo prestigio non era gradito). Un sintomo dell’attaccamento di Napoleone ai principi illuministi fu la sua decisione di affiancare gli studiosi alla sua spedizione: questa, infatti, ebbe il merito di far riscoprire la grandezza di quella terra, soprattutto grazie al ritrovamento della Stele di Rosetta da parte dei soldati.

Napoleone riuscì a diventare padrone dell’Egitto, anche se l’1 agosto 1798, la sua flotta fu distrutta da Nelson. Ottenne una vittoria al Cairo dopo, ma resosi conto degli obiettivi non raggiunti, decise di andare via. Tornato in Francia nel 1799, compì un colpo di Stato, con la dispersione del Consiglio dei 500 e la sostituzione del Direttorio con un collegio di tre consoli, assumendo egli stesso il titolo di primo console. Fu Nominato Console a vita nel 1802 e assunse dopo, su proposta del Senato, la corona d’imperatore dei francesi (2 dicembre 1804 a Notre-Dame) e poi quella di re d’Italia (26 maggio 1805 al Duomo di Milano). In questi anni, avviò una grande attività ricostruttiva: strade, industrie, banche, ordinamento amministrativo, giudiziario e finanziario accentrato, pubblicazione del Codice Civile (21 marzo 1804).

La Francia fu frazionata in province, distretti e comuni, rispettivamente amministrate da prefetti, sottoprefetti e sindaci. La lotta contro il Cattolicesimo si concluse con il Concordato del 1801, ratificato da Papa Pio VII, che stabilì il Cattolicesimo “religione della maggioranza dei francesi” (bensì non religione di Stato). Nel campo dell’istruzione, istituì i licei e i politecnici per la formazione di una classe dirigente preparata e indottrinata, ma tralasciò l’istruzione elementare, poiché fu dell’idea che il popolo dovesse rimanere in una certa ignoranza per garantire un governo stabile e un esercito ubbidiente. Nel 1808 fu messo in sospetto dall’atteggiamento della Spagna e così decise di occuparla nominando re il fratello Giuseppe, al quale in precedenza assegnò il Regno di Napoli (senza la Sicilia) e che in quell’anno, invece, dato il cambiamento fu affidato al cognato Gioacchino Murat.

La guerriglia degli Spagnoli logorò lentamente le sue forze militari, mentre la lotta contro la Chiesa, con l’occupazione di Roma nel febbraio 1808 e l’imprigionamento del Papa Pio VII nel luglio 1809, gli sottrasse popolarità presso vasti settori sociali. Il 14 ottobre 1809 impose la pace di Schonbrunn che segnò l’apice della potenza napoleonica, per gli ampliamenti territoriali che il trattato e i successivi provvedimenti portarono all’Impero francese e ai suoi territori. Momento culminante della pace, dopo il ripudio della prima moglie, furono le nozze l’1 aprile 1810 con Maria Luisa d’Austria, da cui nacque il “Re di Roma”. Nel frattempo la Russia, intimorita dalle mire napoleoniche, aderì alla 6° coalizione: Napoleone la invase nel 1812, vinse a Borodino e occupò Mosca; ma la città fu invasa dalle fiamme e Napoleone fu costretto a iniziare verso la Beresina una ritirata disastrosa, poi trasformatasi in vera fuga, mentre governi e popoli di Russia, Prussia e infine Austria si sollevarono contro di lui.

La sconfitta di Lipsia nel 1813 lo costrinse a lasciare la Germania e a difendersi sul suolo francese nell’inverno 1813-14. Il 6 aprile 1814 Napoleone abdicò, accettando il piccolo dominio sull’isola d’Elba, in cui giunse il 4 maggio 1814. Sospettoso però di un possibile esilio più lontano dall’Italia e dall’Europa, sbarcò con pochi seguaci presso Cannes l’1 marzo 1815 e riconquistò il potere a Parigi. Il tentativo durò solo 100 giorni. Crollò a Waterloo il 18 giugno 1815. In seguito ad una nuova abdicazione, si rifugiò su una nave inglese e considerato prigioniero, fu confinato con pochi seguaci volontari nell’isola di S. Elena, in cui a Longwood, sotto la sorveglianza di Hudson Lowe, trascorse gli ultimi anni, logorato dal cancro e scrivendo le sue memorie. Le sue ceneri furono riportate nel 1840 a Parigi (ci sono alcune teorie che affermano che sia morto in seguito ad un avvelenamento per arsenico).

La sconfitta di Napoleone portò alla Francia gravi conseguenze, poiché fu occupata per tre anni dalle potenze nemiche e fu obbligata a pagare cospicue indennità di guerra. L’arte di fare la guerra. Nelle campagne militari, Napoleone, per l’attuazione dei suoi piani, s'ispirò a quello che fu definito il senso dello spazio geografico “concreto”, ossia considerato secondo le concrete mutevoli esigenze del momento. Altre caratteristiche delle sue battaglie furono: segretezza, rapidità di manovra, pronto e preciso calcolo della velocità di marcia e dello spiegamento delle colonne proprie e altrui, al fine di riunire grandi forze sopra un punto, e qui agire velocemente. La Stampa per l’Imperatore. Napoleone fu tra i primi a comprendere la peculiarità della stampa come strumento di governo e arma da guerra. La massima attenzione venne da lui dedicata ai giornali.

Fin dalle prime campagne, Bonaparte ebbe cura che uscissero giornali destinati alle sue truppe, ma anche ai nuovi paesi occupati e, persino, alle popolazioni arabe d’Egitto. Attuò una forte censura nei confronti della stampa e nel 1800 fece chiudere più di cinquanta redazioni giornalistiche soltanto a Parigi, mentre sulle altre esercitò una forte pressione, attento a non far diffondere nessuna idea rivolta contro la Repubblica o contro i paesi alleati. Si diffuse proprio la “cultura” del giornale, tanto è vero che rese obbligatoria la lettura del Moniteur, bollettino ufficiale dell’imperatore, nelle scuole superiori, in cui Napoleone sotto forma anonima, minimizzava le sconfitte e ingigantiva le vittorie. Anche il teatro subì una censura, a causa dell’immagine negativa che gli spettacoli fornirono di Napoleone. In sostanza, egli accettò tutto quello che poteva essere in suo onore.

La figura storica. Napoleone cercò nel suo “Memorial de Saint Hèlene” di collocare la sua azione in una prospettiva storica, provando a presentare la sua opera come la liberazione delle forze nazionali oppresse. Una certa dottrina storica, però, respinse questa interpretazione, intravedendo nella figura di Napoleone i caratteri del dispotismo illuminato settecentesco. In riferimento poi alla Rivoluzione del 1789, da una parte realizzò alcuni principi (si pensi al Codice Civile, ricordato ancora oggi, per essere stato il primo codice moderno che introdusse chiarezza e semplicità delle norme. Un codice che determinò la fine della tradizione giuridica dell’Ancien Regime caratterizzata dalla frantumazione e dalla molteplicità delle leggi. Esso confermò le principali conquiste della Rivoluzione, come l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge); dall’altra ne contraddisse degli altri: restaurò, infatti, le forme della monarchia e avviò la costituzione di un nuovo ceto privilegiato.

Napoleone nella Letteratura e nelle Arti. La figura di Napoleone Bonaparte fu nel corso del tempo ripresa da altri letterati e poeti illustri. Ugo Foscolo scrisse nel 1799 “A Napoleone Bonaparte Liberatore”. Questa fu la prima ode scritta da un giovane Foscolo il quale mise la sua firma ancora col nome originale: Niccolò. Fu prodotta verso la fine del 1799 durante l’assedio di Genova. Prima dell’ode è presente una premessa, in cui si trova una dedica al Primo Console nella quale lo si invoglia a soccorrere gli italiani e a non lasciarsi avvicinare dalla tirannide. Nel componimento si trova la dea Libertà che allontanatasi da Roma al tempo della tirannia, vuole ispirare il poeta in un momento in cui non è reato dichiarare la verità. Foscolo si chiede che cosa abbia portato la dea a giungere in Italia, poiché una volta imperava e ora è schiava per mano straniera. Roma ha visto un susseguirsi dei troni, ha visto delle stragi, finché Dio non ha menzionato le parole “Non più”.

L’Italia non si è liberata dalla schiavitù, Roma e Firenze richiamano la libertà, mentre le altre regioni si distruggono tra lotte interne. La libertà attrae le armi e trasmette forza al giovane combattente e così dalla Francia si sparge ovunque il nome “Libertà”. La Germania si fortifica, mentre in Italia dilaga la guerra, ma il “novello guerriero”, vincendo, occupa il “suolo alemanno” e “doma la pontificia Roma”, apportando la Libertà all’Italia che è sostenuta da buone leggi e da agricoltura e commercio. L’ode termina con un invito alla Virtù, imprescindibile per l’affermazione della Libertà e l’Amore per la Patria. Alessandro Manzoni compose il “5 Maggio” nel 1821, in occasione della morte di Napoleone Bonaparte in esilio sull’isola di Sant’Elena. Nel componimento, scritto in tre giorni dopo aver appreso le circostanze della morte di Napoleone, lo scrittore mette in risalto le battaglie e le imprese dell’ex imperatore, rilevando la fragilità umana e la misericordia di Dio.

Il Manzoni non vede Napoleone come “una macchina da guerra”, bensì analizza la situazione sotto l’aspetto spirituale, immaginando le pene del vivere su un’isola sperduta e il conforto della fede. Egli sottolinea di non voler né esaltare né denigrare l’imperatore e lascia “ai posteri l’ardua sentenza”. Il poeta riesce a unire, dunque, l’ammirazione per la grandezza eroica del fare terreno di quest'uomo il quale ha lasciato un’impronta visibile nella storia con la riflessione profonda sul destino fragile di quest’azione. Lev Tolstoj in Guerra e Pace (1869) descrive in modo analitico molti episodi della battaglia di Austerliz (dopo il disastro navale subito contro la flotta di Nelson nel famoso scontro di Trafalgar, questo conflitto offre a Napoleone la possibilità di riscattarsi sulla terra ferma e, infatti, il 2 dicembre 1805, l’esercito francese ad Austerliz-Rep.Ceca sconfigge l’esercito composto da Russi e Austriaci). Pensando ai giorni nostri, una delle migliore biografie dell’imperatore è “Napoleone” di G.Lefebvre (2009).

L’autore, oltre a tracciare un percorso chiarissimo e dettagliato dalla nascita alla morte, si sofferma sui cambiamenti della società francese durante il primo Impero. E’ interessante anche citare un film italiano: N(Io e Napoleone), diretto da Paolo Virzì nel 2006 e vincitore di molti premi (David di Donatello, Nastri d’argento, Globo d’oro, Ciak d’oro). Liberamente ispirato al romanzo N. di Ernesto Ferrero, vincitore del Premio Strega nel 2000, ricostruisce i giorni dell’esilio sull’isola d’Elba attraverso gli occhi del suo bibliotecario. Nel campo della musica, Beethoven scrive inizialmente la Sinfonia n.3 per Napoleone. Questa sinfonia è detta “Eroica” e rappresenta quell’inclinazione epica negli anni della rivoluzione, ma l’incoronazione a imperatore deluderà Beethoven che deciderà di non dedicare più a Napoleone quanto detto, ma a un aristocratico del tempo appassionato di musica.

Un quadro degno di nota che ritrae Napoleone, è “Napoleone al passo del Gran San Bernardo”, eseguito tra il 1800 e il 1801 da Jacques-Louis David (1748-1825, pioniere del Neoclassicismo). L’opera non trasmette solo la grandezza del condottiero, ma la particolare ammirazione che il pittore ha per quello che lui considerava il suo insuperabile eroe. L’artista predilige i dipinti storici e lo fa, infatti, con Napoleone al ritorno dalla II Campagna d’Italia. Lo stesso Napoleone volle essere ritratto con il suo cavallo preferito e l’uniforme. L’elemento visibile del dipinto è che l’animale sembra voglia ricalcare le gesta del suo padrone e che voglia essere grande come lui.
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Draba

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Adiantum

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Napoleone Bonaparte I nacque ad Ajaccio (Corsica) il 15 agosto 1769 e morì a Longwood, nell’isola di S. Elena, il 5 maggio 1821. La Repubblica di Genova dopo il Trattato di Versailles (maggio 1768), fu costretta a lasciare mano libera ai Francesi in Corsica, che così fu invasa dalle armate di Luigi XV e annessa al patrimonio personale del Re. La famiglia Bonaparte apparteneva alla piccola borghesia corsa e aveva forse lontane origini nobili toscane (sembra accertato che gli antenati fossero immigrati in Corsica nel XVI secolo).

Il padre di Napoleone, Carlo Maria Buonaparte (Napoleone modificò il cognome in “Bonaparte” dopo la morte del padre), eseguì diverse ricerche per ottenere presso i lontani parenti toscani, un riconoscimento nobiliare che gli attribuisse prestigio in Patria e gli permettesse al meglio di provvedere all’istruzione dei figli. La madre, Letizia Romolino, sopravvisse allo stesso Napoleone e morì nel 1836. Fu solo grazie al titolo nobiliare ottenuto in Toscana che Carlo poté iscriversi al Libro della nobiltà di Corsica istituito dai francesi per consolidare la conquista dell’isola, e solo grazie a tale iscrizione, all’età di nove anni, Napoleone fu ammesso, per iniziativa del padre, alla Scuola militare di Brienne-le-Charìteau, nel nord della Francia, in cui rimase per cinque anni.

Senza amici e deriso, anche per la sua apparenza fisica fragile, l’adolescente Napoleone si applicò negli studi con continuità, eccellendo in matematica. In seguito, fallito il tentativo di passare in Marina, divenne il luogotenente d’artiglieria nel 1785 e tentò la fortuna politica militare in Corsica. Nel 1793 ottenne il grado di generale e scalò velocemente le gerarchie militari, sostenendo la Rivoluzione. In quell’anno arrivò il primo successo militare, poiché liberò il porto di Tolone dai monarchici e dalle truppe inglesi che li appoggiavano. Sospettato di giacobinismo per l’amicizia con A. Robespierre, subì un breve arresto e in seguito sposò nel 1796 Giuseppina de Beauharnais.

Occupata la Lombardia, ricostituì sul modello francese le repubbliche di Genova e Venezia e tolse al Papa la Romagna; poi, con il trattato di Campformio (17 ottobre 1797), confermò alla Francia il Belgio e le annesse le Isole Ionie, decretando la fine dell’indipendenza di Venezia, la quale passò all’Austria, con eccezione di Bergamo e Brescia che furono incorporate nella Repubblica Cisalpina. La campagna d’Italia dimostrò così il genio militare e politico di Napoleone il quale, sebbene l’inferiorità numerica, riuscì a sconfiggere ripetutamente le forze austriache. Nel 1798 il Direttorio incaricò Bonaparte di occupare l’Egitto (il suo prestigio non era gradito). Un sintomo dell’attaccamento di Napoleone ai principi illuministi fu la sua decisione di affiancare gli studiosi alla sua spedizione: questa, infatti, ebbe il merito di far riscoprire la grandezza di quella terra, soprattutto grazie al ritrovamento della Stele di Rosetta da parte dei soldati.

Napoleone riuscì a diventare padrone dell’Egitto, anche se l’1 agosto 1798, la sua flotta fu distrutta da Nelson. Ottenne una vittoria al Cairo dopo, ma resosi conto degli obiettivi non raggiunti, decise di andare via. Tornato in Francia nel 1799, compì un colpo di Stato, con la dispersione del Consiglio dei 500 e la sostituzione del Direttorio con un collegio di tre consoli, assumendo egli stesso il titolo di primo console. Fu Nominato Console a vita nel 1802 e assunse dopo, su proposta del Senato, la corona d’imperatore dei francesi (2 dicembre 1804 a Notre-Dame) e poi quella di re d’Italia (26 maggio 1805 al Duomo di Milano). In questi anni, avviò una grande attività ricostruttiva: strade, industrie, banche, ordinamento amministrativo, giudiziario e finanziario accentrato, pubblicazione del Codice Civile (21 marzo 1804).

La Francia fu frazionata in province, distretti e comuni, rispettivamente amministrate da prefetti, sottoprefetti e sindaci. La lotta contro il Cattolicesimo si concluse con il Concordato del 1801, ratificato da Papa Pio VII, che stabilì il Cattolicesimo “religione della maggioranza dei francesi” (bensì non religione di Stato). Nel campo dell’istruzione, istituì i licei e i politecnici per la formazione di una classe dirigente preparata e indottrinata, ma tralasciò l’istruzione elementare, poiché fu dell’idea che il popolo dovesse rimanere in una certa ignoranza per garantire un governo stabile e un esercito ubbidiente. Nel 1808 fu messo in sospetto dall’atteggiamento della Spagna e così decise di occuparla nominando re il fratello Giuseppe, al quale in precedenza assegnò il Regno di Napoli (senza la Sicilia) e che in quell’anno, invece, dato il cambiamento fu affidato al cognato Gioacchino Murat.

La guerriglia degli Spagnoli logorò lentamente le sue forze militari, mentre la lotta contro la Chiesa, con l’occupazione di Roma nel febbraio 1808 e l’imprigionamento del Papa Pio VII nel luglio 1809, gli sottrasse popolarità presso vasti settori sociali. Il 14 ottobre 1809 impose la pace di Schonbrunn che segnò l’apice della potenza napoleonica, per gli ampliamenti territoriali che il trattato e i successivi provvedimenti portarono all’Impero francese e ai suoi territori. Momento culminante della pace, dopo il ripudio della prima moglie, furono le nozze l’1 aprile 1810 con Maria Luisa d’Austria, da cui nacque il “Re di Roma”. Nel frattempo la Russia, intimorita dalle mire napoleoniche, aderì alla 6° coalizione: Napoleone la invase nel 1812, vinse a Borodino e occupò Mosca; ma la città fu invasa dalle fiamme e Napoleone fu costretto a iniziare verso la Beresina una ritirata disastrosa, poi trasformatasi in vera fuga, mentre governi e popoli di Russia, Prussia e infine Austria si sollevarono contro di lui.

La sconfitta di Lipsia nel 1813 lo costrinse a lasciare la Germania e a difendersi sul suolo francese nell’inverno 1813-14. Il 6 aprile 1814 Napoleone abdicò, accettando il piccolo dominio sull’isola d’Elba, in cui giunse il 4 maggio 1814. Sospettoso però di un possibile esilio più lontano dall’Italia e dall’Europa, sbarcò con pochi seguaci presso Cannes l’1 marzo 1815 e riconquistò il potere a Parigi. Il tentativo durò solo 100 giorni. Crollò a Waterloo il 18 giugno 1815. In seguito ad una nuova abdicazione, si rifugiò su una nave inglese e considerato prigioniero, fu confinato con pochi seguaci volontari nell’isola di S. Elena, in cui a Longwood, sotto la sorveglianza di Hudson Lowe, trascorse gli ultimi anni, logorato dal cancro e scrivendo le sue memorie. Le sue ceneri furono riportate nel 1840 a Parigi (ci sono alcune teorie che affermano che sia morto in seguito ad un avvelenamento per arsenico).

La sconfitta di Napoleone portò alla Francia gravi conseguenze, poiché fu occupata per tre anni dalle potenze nemiche e fu obbligata a pagare cospicue indennità di guerra. L’arte di fare la guerra. Nelle campagne militari, Napoleone, per l’attuazione dei suoi piani, s'ispirò a quello che fu definito il senso dello spazio geografico “concreto”, ossia considerato secondo le concrete mutevoli esigenze del momento. Altre caratteristiche delle sue battaglie furono: segretezza, rapidità di manovra, pronto e preciso calcolo della velocità di marcia e dello spiegamento delle colonne proprie e altrui, al fine di riunire grandi forze sopra un punto, e qui agire velocemente. La Stampa per l’Imperatore. Napoleone fu tra i primi a comprendere la peculiarità della stampa come strumento di governo e arma da guerra. La massima attenzione venne da lui dedicata ai giornali.

Fin dalle prime campagne, Bonaparte ebbe cura che uscissero giornali destinati alle sue truppe, ma anche ai nuovi paesi occupati e, persino, alle popolazioni arabe d’Egitto. Attuò una forte censura nei confronti della stampa e nel 1800 fece chiudere più di cinquanta redazioni giornalistiche soltanto a Parigi, mentre sulle altre esercitò una forte pressione, attento a non far diffondere nessuna idea rivolta contro la Repubblica o contro i paesi alleati. Si diffuse proprio la “cultura” del giornale, tanto è vero che rese obbligatoria la lettura del Moniteur, bollettino ufficiale dell’imperatore, nelle scuole superiori, in cui Napoleone sotto forma anonima, minimizzava le sconfitte e ingigantiva le vittorie. Anche il teatro subì una censura, a causa dell’immagine negativa che gli spettacoli fornirono di Napoleone. In sostanza, egli accettò tutto quello che poteva essere in suo onore.

La figura storica. Napoleone cercò nel suo “Memorial de Saint Hèlene” di collocare la sua azione in una prospettiva storica, provando a presentare la sua opera come la liberazione delle forze nazionali oppresse. Una certa dottrina storica, però, respinse questa interpretazione, intravedendo nella figura di Napoleone i caratteri del dispotismo illuminato settecentesco. In riferimento poi alla Rivoluzione del 1789, da una parte realizzò alcuni principi (si pensi al Codice Civile, ricordato ancora oggi, per essere stato il primo codice moderno che introdusse chiarezza e semplicità delle norme. Un codice che determinò la fine della tradizione giuridica dell’Ancien Regime caratterizzata dalla frantumazione e dalla molteplicità delle leggi. Esso confermò le principali conquiste della Rivoluzione, come l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge); dall’altra ne contraddisse degli altri: restaurò, infatti, le forme della monarchia e avviò la costituzione di un nuovo ceto privilegiato.

Napoleone nella Letteratura e nelle Arti. La figura di Napoleone Bonaparte fu nel corso del tempo ripresa da altri letterati e poeti illustri. Ugo Foscolo scrisse nel 1799 “A Napoleone Bonaparte Liberatore”. Questa fu la prima ode scritta da un giovane Foscolo il quale mise la sua firma ancora col nome originale: Niccolò. Fu prodotta verso la fine del 1799 durante l’assedio di Genova. Prima dell’ode è presente una premessa, in cui si trova una dedica al Primo Console nella quale lo si invoglia a soccorrere gli italiani e a non lasciarsi avvicinare dalla tirannide. Nel componimento si trova la dea Libertà che allontanatasi da Roma al tempo della tirannia, vuole ispirare il poeta in un momento in cui non è reato dichiarare la verità. Foscolo si chiede che cosa abbia portato la dea a giungere in Italia, poiché una volta imperava e ora è schiava per mano straniera. Roma ha visto un susseguirsi dei troni, ha visto delle stragi, finché Dio non ha menzionato le parole “Non più”.

L’Italia non si è liberata dalla schiavitù, Roma e Firenze richiamano la libertà, mentre le altre regioni si distruggono tra lotte interne. La libertà attrae le armi e trasmette forza al giovane combattente e così dalla Francia si sparge ovunque il nome “Libertà”. La Germania si fortifica, mentre in Italia dilaga la guerra, ma il “novello guerriero”, vincendo, occupa il “suolo alemanno” e “doma la pontificia Roma”, apportando la Libertà all’Italia che è sostenuta da buone leggi e da agricoltura e commercio. L’ode termina con un invito alla Virtù, imprescindibile per l’affermazione della Libertà e l’Amore per la Patria. Alessandro Manzoni compose il “5 Maggio” nel 1821, in occasione della morte di Napoleone Bonaparte in esilio sull’isola di Sant’Elena. Nel componimento, scritto in tre giorni dopo aver appreso le circostanze della morte di Napoleone, lo scrittore mette in risalto le battaglie e le imprese dell’ex imperatore, rilevando la fragilità umana e la misericordia di Dio.

Il Manzoni non vede Napoleone come “una macchina da guerra”, bensì analizza la situazione sotto l’aspetto spirituale, immaginando le pene del vivere su un’isola sperduta e il conforto della fede. Egli sottolinea di non voler né esaltare né denigrare l’imperatore e lascia “ai posteri l’ardua sentenza”. Il poeta riesce a unire, dunque, l’ammirazione per la grandezza eroica del fare terreno di quest'uomo il quale ha lasciato un’impronta visibile nella storia con la riflessione profonda sul destino fragile di quest’azione. Lev Tolstoj in Guerra e Pace (1869) descrive in modo analitico molti episodi della battaglia di Austerliz (dopo il disastro navale subito contro la flotta di Nelson nel famoso scontro di Trafalgar, questo conflitto offre a Napoleone la possibilità di riscattarsi sulla terra ferma e, infatti, il 2 dicembre 1805, l’esercito francese ad Austerliz-Rep.Ceca sconfigge l’esercito composto da Russi e Austriaci). Pensando ai giorni nostri, una delle migliore biografie dell’imperatore è “Napoleone” di G.Lefebvre (2009).

L’autore, oltre a tracciare un percorso chiarissimo e dettagliato dalla nascita alla morte, si sofferma sui cambiamenti della società francese durante il primo Impero. E’ interessante anche citare un film italiano: N(Io e Napoleone), diretto da Paolo Virzì nel 2006 e vincitore di molti premi (David di Donatello, Nastri d’argento, Globo d’oro, Ciak d’oro). Liberamente ispirato al romanzo N. di Ernesto Ferrero, vincitore del Premio Strega nel 2000, ricostruisce i giorni dell’esilio sull’isola d’Elba attraverso gli occhi del suo bibliotecario. Nel campo della musica, Beethoven scrive inizialmente la Sinfonia n.3 per Napoleone. Questa sinfonia è detta “Eroica” e rappresenta quell’inclinazione epica negli anni della rivoluzione, ma l’incoronazione a imperatore deluderà Beethoven che deciderà di non dedicare più a Napoleone quanto detto, ma a un aristocratico del tempo appassionato di musica.

Un quadro degno di nota che ritrae Napoleone, è “Napoleone al passo del Gran San Bernardo”, eseguito tra il 1800 e il 1801 da Jacques-Louis David (1748-1825, pioniere del Neoclassicismo). L’opera non trasmette solo la grandezza del condottiero, ma la particolare ammirazione che il pittore ha per quello che lui considerava il suo insuperabile eroe. L’artista predilige i dipinti storici e lo fa, infatti, con Napoleone al ritorno dalla II Campagna d’Italia. Lo stesso Napoleone volle essere ritratto con il suo cavallo preferito e l’uniforme. L’elemento visibile del dipinto è che l’animale sembra voglia ricalcare le gesta del suo padrone e che voglia essere grande come lui.
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